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Avere il pisellino, ma sentirsi la farfallina. L’ideologia del gender avanza in Italia (negli Usa sono già oltre)

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L’ideologia di genere è già legge in Italia. Il tribunale di Rovereto ha concesso a un transessuale cinquantenne di Arco di essere riconosciuto “donna” all’anagrafe anche se non ha effettuato il cambio di sesso.

LUCA È LUCIA. La sentenza depositata il 3 maggio e passata in giudicato a fine luglio stabilisce dunque che Luca – ora Lucia – è una donna anche per lo Stato italiano, nonostante anatomicamente sia un uomo a tutti gli effetti. Luca/Lucia non ha fatto nessun intervento chirurgico, neanche l’impianto del seno, ma obbligarla sarebbe «una violazione dei suoi diritti fondamentali e lesivo della sua salute».

L’AMERICA È GIÀ AVANTI. Ma se in Italia «la legge che sanziona l’omofobia sembra il massimo della modernità», e la battaglia per il riconoscimento del “gender” è cominciata da poco, in America è la battaglia di ieri, «quella di domani riguarda lo smantellamento del concetto di genere» e il superamento degli «stereotipi di genere». Il New York Times, come riporta il Foglio, ha infatti raccontato in un editoriale la storia «di una ragazzina preadolescente che nello spazio libero della propria intimità si sente maschio e si batte perché gli insegnanti le (gli?) consentano abitudini confacenti alla sua nuova identità».

RIEDUCAZIONE DEGLI INSEGNANTI. La ragazzina vuole andare nel bagno dei maschi e dormire in camera con loro durante le gite. La scuola all’inizio si è opposta ma per evitare il tribunale ha ceduto ai desiderata della ragazzina che si sente ragazzino. «E non è tutto – continua il Foglio – poiché di questione discriminatoria si tratta, gli insegnanti che si sono macchiati del peccato di “transfobia” dovranno seguire un programma di rieducazione per imparare a gestire correttamente casi analoghi di traghettamento sessuale e il distretto si è impegnato formalmente a creare “un ambiente educativo non discriminatorio per gli studenti transessuali o che non sono conformi agli stereotipi di genere”».

MEGLIO ESSERE CONFUSI. È in queste ultime tre parole che si gioca tutta la partita dei nuovi, anzi, nuovissimi diritti: «È il tribunale dell’interiorità che decide a quale identità sessuale aderire – conclude il quotidiano dell’elefantino – Anzi: decidere è già una ricaduta negli stereotipi di genere e automaticamente discrimina quelli che non si sanno risolvere per l’uno o per l’altro, i confusi, quelli che di fronte al bivio della toilette non sanno bene a quale targhetta affidarsi. Per non parlare di quelli che sentono che passare dall’uno all’altro senza certezze definitive è l’unica soluzione possibile».

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